mercoledì 11 giugno 2008

Picchì mi guardi si tu sì masculu

La forma è lingua. Il contenuto è la vera rivoluzione.
Peccato che situazioni di vita come la diversità, la memoria che supera la vergogna delle proprie origini, il coraggio, la consapevolezza di essere nel divenire senza dimenticare gli amici, diventano segni di retorica. Una retorica che stanca, che disturba, che fa perdere tempo, che annoia perché già sentita, perché è retorica. Siamo abituati a non distinguere. Siamo diventati così moderni da considerare tutto uguale, tutto sullo stesso piano.
Forse non ci siamo accorti che siamo diventati pigri, molto, e che affrontare la realtà è pesante e che vivere passivamente è giusto. Forse siamo confusi, forse è per questo che, per noi, la forma è unica e il contenuto è, quindi, povero. Forse ci piace essere bugiardi, indossiamo il costume della tolleranza, ma dietro questa parola siamo accusatori, perfetti nel distinguere tra vittime e carnefici. Ho sbagliato, prima, a scrivere che non sappiamo distinguere o forse intendevo qualcos'altro.
"Picchì mi guardi si tu sì masculu" è uno spettacolo teatrale di e con Giancarlo Cauteruccio regista della compagnia Krypton e con le musiche di Peppe Voltarelli. Giancarlo riesce ad annullare il concetto del diverso inteso come pericolo da confinare, da evitare. Giancarlo invoglia alla conoscenza che è cura di tutti i colori, che stanca ma che è necessaria. Può sembrare retorica ma non lo è. Giancarlo fa vedere il suo corpo in lingua e in fisicità. Dona allo spettatore la bellezza del suo corpo che egli considera estremo e malato, ma ho vissuto quel corpo non come materia fredda, indifferente, senza anima ma come vita vissuta, viva e in vita. E attraverso il calabrese l'importanza non scontata delle origini, della memoria che non ci fa sentire soli ma ci da la forza, davvero, di lottare contro il virus dell'amnesia della nostrà società. Tutto questo in un lavoro semplice ma necessario.

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