venerdì 29 giugno 2012

Caos

Caos è il luogo tollerante al passaggio del sensibile. Due anni fa mi trovavo a Bologna, passeggiando su via zamboni sono arrivata a piazza Verdi dove c'èra uno striscione attaccato alla parete del teatro comunale occupato, diceva: un popolo senza teatro è un popolo morto. Mah! ho pensato come è alto, nel senso di poesia, questo pensiero. iniziai a raccogliere e produrre materiale con la volontà di capire questa frase che mi sembrava astratta o non concreta. e tutto cambia perchè qualcosa succede se c'è cambiamento. la domanda di partenza è stata: come arrivare al cambiamento? oggi la domanda è nel cambiamento quante porte posso aprire? Prima di scrivere oppure prima di recitare vado in ricerca di quel luogo che è aperto alla creazione. Cioè quello che voglio dire è se sto nel punto di contatto di tutto il materiale che ho raccolto riesco a giocare e a spostarmi da un luogo ad un altro senza temere logicità convenzionali che comunque vivo e subisco nel mio quotidiano e che comunque mi porto dentro nella scrittura e nella recitazione però trasformandole, cambiando le loro direzioni.

è come un allenamento, è una vera lotta. Il concetto è rubo tempo al tempo, alleno la mia fantasia e scrivo quello che trovo nel punto di contatto tra il dentro e il fuori dello spazio prove.

Caos è un esperimento sull'improvvisazione resa povera da poteri d'altri mondi: nel vento bassi di passi che vanno via. Strade che non portano da nessuna parte. Però cammino. E cammino, vado lontano; all'orizzonte neanche il fumo delle fabbriche ad illudermi. Speranza maledetta! che mi hai presentato la pazzia. Davanti a me il volto di mia madre. Le racconto dell'eroe che sono nel cercare la carriera, che non deve preoccuparsi, ohi ma! sono preparato e coraggioso. In realtà, non tiro avanti ed è galera e devo pure esse preso in giro da poteri d'altri mondi. D'altri mondi perchè fanno leggi senza ascoltare i bisogni del mio popolo italiano, diviso, ma comunque popolo.

e mi risponde così il sistema potente: su quest'altare decido la mia sorte e come un gioco a carte v'imbroglio quanto voglio. L'ignoranza e la vergogna in una mano. Nell'altra un gabbiano, senza becco e senza volo. Il mio corpo è la scommessa: un giorno cadrò su me stessa?

cosa aggiungere? lo spettacolo si chiude. invece no!

Apocalisse sobria " aprile 2012

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