giovedì 12 giugno 2008

Amore per la gente che mi è più lontana

Sentimenti. Emozioni. Follie. Parole. Ma dov’è l’uscita? A cosa servono? Amatemi. Parole…
Affogo in scritture camaleontiche sopra fogli gelidi.
Neve? Perché non potrebbe essere vento? Montagne? Perché non mare? Messaggi. Delusione politica. Promesse perpetue. Vittime. Accusatori. No. Parole.
Chi è vivo non sopporta le parole. Quelle gelide! Hanno toccato lo spirito dell’esistenza abbandonata e muovendosi da un regno all’altro sono arrivate, credevo di volare. Vogliono che cambi canale. Ma l’informazione che soffia su parole senza valore mi fa guardare incontri bagnati dalla neve sciolta con se stessa.
Incanto esseri fatti di corpo e sangue, vibranti di paure. Ho paura di toccare un’altra mano. Ho paura di volare. Raggiungere l’infinito e restare infinitamente fermi. Ho paura di tornare indietro e dimenticare l’infinito che mi assale. Ho paura di piangere e di non provare rabbia, per quello che non dimentico.
Ho paura di restare accecato dalla neve che morbida scende sul mio viso gelando ogni mio battito, ogni mio respiro, ogni mia visione, ogni mia speranza, ogni volta sempre.
Non temo le vostre parole, sono diverse dalle mie.
Cosa posso farci? Essere acqua, emigrata, rabbia. Posso ascoltare queste parole ma non posso dare loro un non significato.
Chi sono? Chi non sono? Spiriti di vita che curano. Ricordi fantasmi che turbano. Vertigini d’aree musicali. Ferma il tempo. Voglio giocare.
Al centro una figura. Esile, dolce, sognatore. Eccomi. Un petalo alato. Segue ritmi di giostre fantasmagoriche.
Abbandonarmi a voi sarà una favola? Bambini giocano con arnesi e mete di parole. Guardando innamorati stregano l’espressione tra l’amante e l’amato. Un treno lascia vapori di nero carbone. Parole.
Voglio entrare dalla serratura di una porta e scoprire il valore delle parole. Immaginate?

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